Abbiamo incontrato Dario Bertolotti, in arte DARIO CONT, per farci raccontare qualcosa di sè e del suo ultimo album “Grand Jeté“.
– Ciao Dario, innanzitutto come stai?
Ciao, io sto bene e molto contento dell’uscita del disco. Grazie
– Un album tutto tuo. Da dove è nata questa scelta?
Quando i Don Turbolento hanno cessato l’attività live abbiamo lavorato ad un disco in italiano ma, non essendone pienamente soddisfatti, l’abbiamo abbandonato e anche il processo creativo si è fermato, così ho cominciato a scrivere altro senza l’ottica di doverlo destinare ad un progetto preciso, anzi, direi che ho scritto pensando che sarebbe tutto rimasto nel mio pc.
Quando però mi sono ritrovato per le mani un repertorio consistente ho pensato che forse sarebbe stato il caso di creare un progetto per farne ascoltare almeno una parte, così ho contattato Michele Marelli del Monolith Studio e gli ho proposto di lavorare con me ad un disco e insieme abbiamo scelto i brani.
– 12 brani, dove i testi e la voce sono il filo conduttore. Come hai scelto l’ordine?
Quando devo pensare ad una scaletta, le posizioni sulle quali mi focalizzo maggiormente sono l’intro e l’outro.
In questo caso abbiamo “neve” in apertura che ritengo abbia in sé molte delle sfumature che si trovano poi all’interno del disco, perciò una sorta di ouverture, mentre nella chiusura c’è “la cosa padre” che chiude con una forte nota emotiva. Nel mezzo conta molto come si sposa la fine di un pezzo con l’inizio del successivo.
– Un sound che va dal pop melodico sino al limiti di un rock-pop.
Anche se non posso dire che ci sia un artista o un genere preciso ad esercitare una diretta influenza sul mio lavoro, penso che ciò che si sente sia frutto dei miei ascolti che spaziano tra cose molto diverse fra loro.
Ho ascoltato molto Metal, fra tutti gli Slayer ma adoro anche i Duran Duran, sono cresciuto con i Led Zeppelin e i Pink Floyd, il rock di Seattle degli anni 90, ma anche molta elettronica.
– Prima i testi o la musica ?
Sempre la musica. Da lì nasce l’atmosfera che poi mi suggerirà il contenuto che meglio potrà valorizzarla.
– L’ultimo brano “La cosa padre” ci ha colpito particolarmente. Di cosa parla questo brano ?
Il titolo l’ho rubato ad un racconto di Philip K. Dick in cui un bambino vede il proprio padre improvvisamente cambiato in modo strano (spoiler: posseduto da una forma aliena). Il mio brano però parla di un figlio che ad un certo punto della sua vita riflette sulla figura del padre riconoscendone gli sforzi per riuscire a ricoprire quel ruolo, magari piegando una natura che lo avrebbe altrimenti portato altrove.
– Progetti futuri ?
Ho moltissimo altro materiale su cui lavorare ma per ora mi voglio concentrare su Grand Jeté
