Abbiamo intervistato Giuseppe D’Alonzo per il suo nuovo album, uscito a fine 2022 “Fantasmi di carta“.
Ecco cosa ci ha raccontato in esclusiva !
Ciao Giuseppe, innanzitutto come stai?
Ciao e grazie per la domanda, sto molto bene grazie.
Nonostante il periodo storico che viviamo non sia dei migliori noto con pacere che c’è tanta gente che ha ancora voglia di fare, di costruire qualcosa, di guardare al futuro. Certo non bisogna mai dimenticare il passato e soprattutto non bisogna perdersi il presente, ma il futuro cattura sempre un po’ la nostra attenzione, ammettiamolo…
Da poco uscito il tuo ultimo album “Fantasmi di carta”, a fine 2022. Cosa rappresenta per te questo album?
Rappresenta tante cose. In questo album si possono intercettare diverse sfumature del mio carattere, ci sono dentro tante passioni, ma è anche un piccolo omaggio alla musica di Bob Dylan.
Lo ascolto molto in questo periodo ed è forse per questo motivo che ho avuto finalmente il coraggio di inserire l’armonica. Pur suonandola da tanti anni per via della mia passione, il blues, non l’avevo mai incisa prima d’ora, così come l’auto-tune spinto al massimo, sul primo brano per ottenere un effetto robotico sulla voce.
Quindi per me Fantasmi di Carta è anche l’album del coraggio, ho buttato il cuore oltre l’ostacolo e ho mescolato classico e moderno, rischiando ovviamente, ma sono davvero soddisfatto del risultato finale.
Non è facile oggi, uscire con ben 16 brani in un album, al contrario si preferiscono i “famosi” Ep. Avevi molto da raccontare o è frutto di attese per la pubblicazione?
In realtà volevo chiudere un cerchio, ho pubblicato tre album in lingua inglese e con questo facevo tre album in italiano, adesso sento che si apre un nuovo ciclo, non so ancora quale ma è come se avessi terminato un tipo di progetto musicale che avevo in testa da diversi anni.
Avevo davvero tanta musica, tanti brani scritti anche durante la fase acuta della pandemia. Dopo aver scritto la traccia Fantasmi di Carta, mi sono deciso a tramutare tutte queste ultime idee in un album.
Non è facile rispondere, ma su tanti brani, quale preferisci di più e quale meno?
Di più di sicuro Fantasmi di Carta, proprio per il coraggio che ha richiesto, ma anche per l’intuizione o forse l’ispirazione che ha portato a questo risultato, a mio avviso, bel mix di rock classico e pop moderno.
Forse quella a cui tengo un po’ meno è Arpeggi a Galata, brano strumentale che ho scritto durante un soggiorno a Istanbul.
Prima la musica o i testi?
La maggior parte delle volte l’idea, la storia da raccontare esce insieme alla musica.
Una canzone è spesso il frutto di un momento in cui si vive una forte emozione, se in quel momento si ha una chitarra a portata di mano le emozioni trovano il loro sfogo in musica. Ecco perché spesso la creatività si rappresenta come un fiume in piena, ci sono dei momenti in cui il fiume è alimentato da queste emozioni e ognuno di noi ha il modo per indirizzarle in qualcosa, si spera, di positivo.
Da un soft rock ad un indie pop delicato al limite del country. Ma è il blues la tua anima-musicale più profonda?
Sin da piccolo ho amato il blues e in parte il jazz, sono sempre stato affascinato dalla storia degli USA, soprattutto la lotta per i diritti degli afroamericani.
In terza media portai una tesina sul blues, Martin Luther King, sulla storia di questo popolo che nonostante tutte le avversità è stato capace di creare una musica così rivoluzionaria nella sua semplicità. Era musica che usciva dal profondo, dalla “pancia” come si suole dire, e in effetti questo si riflette sulla sua potenza espressiva.
Lo aveva capito Eric Clapton che a distanza di anni l’ascoltava in UK quando oramai in Usa era superata, (positivi effetti di un modo non ancora globalizzato). L’aveva capito Hendrix, e con loro molti altri che hanno messo le fondamenta del Rock e dell’Hard Rock. Se ci pensate anche il RAP deriva da questo popolo e dalle sue frustrazioni e sofferenze, in un’epoca successiva certo, ma ancora piena di lati oscuri per loro.
Con questo non voglio dire assolutamente che la bella musica deriva necessariamente dalla sofferenza, (ma di certo ne è un viatico) anzi molto spesso le canzoni più belle arrivano nel momento in cui dopo lunghi periodi di buio e sofferenza torna la gioia, torna la luce. È quello il momento magico secondo me. L’alternanza di gioia e dolore caratterizza l’esistenza dell’uomo, restituisce colore alla vita.
Hai seguito un ordine particolare nell’album per i brani?
Non essendo un concept album ammetto che non ho seguito un ordine particolare.Tratta diversi temi sociali, dalla enorme crisi ideologica che l’intera umanità sta attraversando, al disturbo bipolare, al bullismo, al tema della crudeltà in questa società sempre più dura, alle infinite sfaccettature dell’amore, alla malinconia, al significato profondo della nostra esistenza, alle passioni ma soprattutto tratta il tema dell’arte nella società contemporanea.
Quindi la tracklist in questo caso non aveva grande importanza, perché ogni brano vive di vita sua.
Progetti futuri?
Ho qualcosa di davvero carino in cantiere, spero di riuscire a finire il tutto per la prossima primavera/estate
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Un disco con un sound blues rock accompagnato da testi cantautorali e profondi.
“Fantasmi di carta” è un viaggio alla ricerca di ciò che davvero conta. L’amore, l’arte, la natura e tutto quello che ci riporta in contatto con chi siamo nel profondo.
Giuseppe D’Alonzo ha dedicato questi brani all’arte e in particolare agli artisti, trasformandoli in figure in grado di salvarci dalla mediocrità. In fondo è proprio nell’arte, che sia dipinta o musicale, che l’uomo ha sempre trovato se stesso e una via di fuga.
Il disco è composto da sedici brani legati da un fil rouge melodico, ma ogni pezzo riesce a mantenere la propria essenza differenziandosi dagli altri. Abbiamo dei brani più cantautorali come “Parlare di me, parlare di te”, “Cenere” e “Perduto nel tempo”.
Interessante è la title track uno dei pezzi più ritmati con un rock intenso e intrigante. A questi si alternano brani più pop come “A piedi nudi” e “La crudeltà”. Tra i pezzi più frizzanti troviamo “Gravità” e “Ecce Homo”.
“Fantasmi di carta” ci presenta Giuseppe D’Alonzo in tutte le sue sfaccettature, da quelle più rock a quelle più indie pop. Un disco piacevole, ma soprattutto in grado di smuovere qualcosa nell’ascoltatore.
Giuseppe D’Alonzo è un cantautore chitarrista di Pescara. La musica è da sempre la sua grande passione, in particolare il rock blues. Muove i suoi primi passi nel settore fondando la band Crabby’s con cui pubblica i singoli “L’uomo di ieri”, “I Was Born Yesterday” e “Free”.
Esordisce nel 2016 con il suo primo EP “Bad Past”. Seguito dai dischi “Realize” e “Mistake”. Nel 2019 pubblica il suo primo album in italiano “Tornerà”, seguito da “Strane forme di complicità”.
Giuseppe ha la capacità di mescolare un sound blues a uno stile cantautorale arrivando a un pubblico molto ampio e riuscendo ad emozionare l’ascoltatore.
Il cantautore vanta numerose collaborazioni italiane e internazionali tra cui quelle con Melanie Crew, Patrizia Torrieri. e Eleonora Toscani.
Nel 2022 pubblica il suo nuovo album “Fantasmi di carta”, disco accompagnato anche dal videoclip della title track.