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Intervista a Moderno per “Storia di un occidentale”: le conseguenze sono vite vissute secondo la logica dell’arrangiarsi.

16 Aprile 2021
inInterviste, News Italia, Video_2021
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Intervista a Moderno per “Storia di un occidentale”: le conseguenze sono vite vissute secondo la logica dell’arrangiarsi.
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Il titolo del primo album di Moderno, Storia di un occidentale, viene volutamente scritto in caratteri cinesi sulla copertina.

La scelta del cantautore romano – all’anagrafe Federico Antonio Petitto, professore di filosofia quando veste i panni di persona “normale” – vuole ironizzare sulla cultura occidentale di cui fa parte, che si ritiene l’unica fonte di civiltà e ha la pretesa imporre i suoi valori all’intero pianeta.

L’intero disco – in uscita il 27 gennaio 2021 su tutte le piattaforme digitali – è il racconto di un individuo vissuto in un’epoca che lo stesso autore definisce “post-moderna”, riprendendo l’espressione del filosofo francese Jean-François Lyotard.

Un’epoca senza grandi ideali a cui votarsi, dove anche le relazioni sociali e sentimentali sono destinate a naufragare, per paura di scoprirsi…


  • Quando non vesti i panni di Moderno sei un professore di filosofia. Quando ti sei spogliato anche dei panni del prof, come ti piace trascorrere le tue giornate?

Tralasciando lo studio e la musica, il mio passatempo preferito è zaino in spalla e via lungo sentieri sconosciuti, che portino possibilmente a una meta che mi lasci a bocca aperta. Inoltre scrivo spesso e molte delle cose che scrivo diventano non canzoni ma poesie.

Ma soprattutto adoro fare la pennichella sull’amaca e andare a far danni con alcuni amici fidati in contesti di perdizione.

  • Che cosa ne pensi della scena musicale italiana e come pensi di poterla arricchire con “Storia di un occidentale”, tuo ultimo album?

La scena musicale italiana è in linea di massima poco innovativa.

Prende in prestito suoni già utilizzati dal pop oltreoceano, a livello di contenuti è in generale più indietro che mai. Ci sono però eccezioni che per fortuna con il talento e la determinazione riescono comunque ad avere un seguito.

Credo che il pubblico italiano possa trovare in me un immaginario di cui si ha bisogno, fatto di campagna, connessioni misteriose tra esseri umani, immersioni e nuotate nei sentimenti di ognuno di noi. Per ritrovare quell’idea di “festa” dove bere, piangere, ridere e infine promettersi di cambiare il mondo.

  • L’intero disco è il racconto di un figlio del post-modernismo, termine che ha trovato diffusione grazie al filosofo Lyotard. In riferimento a questo, Lyotard parlava proprio di fine delle “grandi narrazioni”. Secondo te, quali sono le conseguenze di questo crollo ideologico?

Le conseguenze sono vite vissute secondo la logica dell’arrangiarsi o dell’arraffare tutto.

Non esistono più valori che possano essere un faro per la collettività, una missione comune, ovviamente laica. Lo scopo sempre più diffuso nella cosiddetta società “avanzata” di cui faccio parte è diventato trovare il modo di arrivare primi, oppure accontentarsi delle “piccole cose”.

Se l’arrangiarsi significa non prendersi mai una responsabilità e se le piccole cose diventano una vita passata sul divano a guardare serie TV, beh, preferisco proporre una terza via.

  • Alcuni dicono che il post-modernismo sia morto. Ha senso secondo te? Se sì, che cosa l’ha rimpiazzato?

In un certo senso è morto perché si parla finalmente di ambiente, di collaborazione tra parti di mondo, di tradizioni da salvare. Veniamo da decenni di allentamento del tessuto sociale, sostituito da una corsa egoistica ed esibizionista.

Tuttavia, la realtà è in continuo mutamento e questa èra post-moderna non durerà in eterno. In linea di massima dove c’è capitalismo dominano significati fluidi e che mutano alla velocità di una moda.

Ci sono però delle cose che resteranno: amori sinceri che durano anni, affetti, l’idea di giustizia e solidarietà, l’ecologia, la curiosità e l’integrazione tra culture diverse.

  • Il titolo del tuo disco è scritto in caratteri cinesi per ironizzare sulla tendenza occidentale ad imporre i propri valori sul mondo intero. Secondo te, quali sono invece dei valori “altri” che dovremmo imparare a rispettare?

Nelle domande precedenti ho un po’ risposto. La cura di sé e degli altri, citando Foucault, sarebbe un primo valore fondamentale. Credo inoltre che bisogna riscoprire l’importanza del sentirsi in sintonia con la natura da cui siamo nati. Non mi piace che spesso, quando parlo con i miei studenti, mostrano interesse solo a quella che per loro è la vittoria ultima: il riconoscimento sociale, il successo economico, il potere.

La natura per loro non è che paesaggio da fotografare al tramonto. Per me è una dimensione, un modo di vivere con dei ritmi più fedeli a ciò che siamo intimamente. Torniamo all’intimità.

  • Tra tutte le tracce presenti all’interno del disco, qual è quella a cui sei più legato e perché?

Sicuramente “L’ultima canzone dell’umanità”. Scritta tanti anni fa, racchiude un po’ il significato di questo primo disco e della prima fase della mia crescita. Solo in un progetto comune, con una o più persone, l’esistenza può trovare senso.

Mi batto e mi batterò sempre contro l’individualismo sfrenato, contro la corsa al primato, contro il bisogno di mostrarsi migliori di quel che si è.

Questa canzone ricorda il potere della connessione e il fatto che ogni essere umano ne abbia profondamente bisogno. L’amore è un’ammissione onesta di fragilità, di bisogno dell’altro. E questa canzone è la canzone d’amore, per eccellenza.

 

  • Qual è l’elemento che non dovrebbe mai mancare in un pezzo di Moderno?

Tre cose: una chitarra acustica strummata; il ritmo; mani sù e gente che balla mentre si commuove.

  • Fino ad oggi qual è stata la tua più grande soddisfazione a livello musicale? E qual è invece la tua più grande ambizione?

Pubblicare un disco è una soddisfazione enorme. Lo è ancor di più scoprire che nel tuo disco c’è un’anima, una parte di te, anzi diciamo pure che ci ho messo tutto me stesso e in queste canzoni ho riconosciuto chi sono, meglio che da uno psicologo!

A livello prettamente musicale mi son tolto qualche soddisfazione ai tempi degli Io non sono Bogte, suonando in contesti prestigiosi, mentre come solista ho raccolto collaborazioni di musicisti di alto livello che suonano con Coez, Gazzelle e Calcutta.

Ora è il momento di arrivare ad avere una sala gremita sotto il palco. Quando si potrà. In futuro spero di riuscire a firmare un buon contratto discografico e di pubblicare una raccolta di poesie. 😉


MODERNO

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