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      Intervista a PIETRO GANDETTO: “Another Planet ” una fotografia del presente, una storia d’amore, il cambiamento climatico.

      25 Novembre 2021
      inInediti, Interviste, News Italia
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      Intervista a PIETRO GANDETTO: “Another Planet ” una fotografia del presente, una storia d’amore, il cambiamento climatico.
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      Another Planet è un brano che parla di amore, ma l’amore qui è anche un pretesto per parlare di altri temi che mi stanno molto a cuore come il climate change e il riscaldamento globale.

      L’uomo sta provocando la più grande estinzione di massa della storia del pianeta con i suoi comportamenti inquinanti. È un problema che riguarda tutti e mi sentivo di scrivere un brano su questo tema.

      (Pietro Gandetto)


      Prima domanda per rompere il ghiaccio: chi è Pietro Gandetto?

      Pietro Gandetto è uno nessuno e centomila (come tutti). Non mi definisco mai perché è limitante mettere etichette, l’anima è in continua evoluzione e se ti definisci ti metti dei paletti.

      Sono una persona normalissima che con la musica diventa un altro. È sempre stato così, la musica come bisogno e leitmotiv della mia vita. La musica mi ha sempre salvato.

      Dai brutti momenti, dalle brutte compagnie, dalle paranoie che prima o poi tutti incontriamo. Non mi piace molto programmare le cose (a parte per lavoro) per conservare quel senso di mistero che la vita porta con sé.

      Sono una persona semplice nel senso che mi basta un viaggio in un posto nuovo, una bella canzone cantata bene e io sono in pace. Ma poi sono super complicato (scorpione) quando non mi va bene una cosa.

      Considera che sono anche un avvocato, le due personalità si aiutano, ma a volte sono anche un po’ in conflitto.

      Parlaci un po’ del tuo background musicale: qual è stata la tua formazione e quali sono gli artisti che ti hanno ispirato?

      Da ragazzino mentre gli altri giocavano a calcio io suonavo Beethoven e mi sembrava la cosa più normale del mondo. Ho iniziato a cantare a 6 anni nel coro delle voci bianche, e stessa cosa col pianoforte, da 8 anni.

      Poi ho passato anni di “buio” musicale nel senso che facevo cose che non mi rappresentavano, era forse un mondo in cui mi prendevo troppo sul serio io.

      Non so, il conservatorio, l’opera, cose così (studiare è sempre fondamentale, ovviamente), ma ero timidissimo, probabilmente perché non ero “nel mio”. Poi la svolta, verso i 30 anni “ho scoperto” di avere una voce.

      E da li ho iniziato a scrivere le mie cose, prima i testi, poi anche la musica.

      Come influenze, infiniti mondi. Sono cresciuto con gli U2, ma poi anche Chopin, Patty Pravo e i Queen, Franco 126 (che è un grande), Lady Gaga, Witney Huston.

      Mi piacciono gli artisti che ci mettono “la faccia” che cantano perché si divertono non per il successo, che fanno musica per un’esigenza interiore…

      Qual è il messaggio che vuoi trasmettere con “Another planet”?

      Another planet è una fotografia del presente, parla di una storia d’amore, di due persone che non stanno insieme, ma hanno un forte legame e parla anche del cambiamento climatico.

      Intreccio le due storie: volevo affrontare questo tema da un’angolazione diversa, non volevo fare una canzone di denuncia “aggressiva”. Da un po’ sento la cosiddetta “climate anxiety” cioè quel mix di emozioni negative legate alla condizione del nostro pianeta per colpa dell’inquinamento dell’uomo.

      Allora ho iniziato a leggere libri sul tema, come La Nazione delle Piante di Mancuso, che mi hanno aperto un mondo.

      Poi una mattina ero a Ibiza in aeroporto, con la nostalgia da rientro (come sempre accade a Ibiza) e pensavo a quanto la natura sia fondamentale per il nostro benessere psicofisico ed è nata questa canzone.

      Volevo trattare il tema con un pezzo allegro ed energetico come è Another Planet e sono andato alla ricerca di un sound che richiamasse gli anni 80 dove c’era benessere economico e sociale e questo si rifletteva anche nella musica, però ho cercato di modernizzare i suoni per renderli coerenti col presente.

      Non volevo associare un messaggio apocalittico, perché credo che con la situazione del cambiamento climatico potrebbe avere una soluzione felice.  Così è nata la canzone.

      Cosa puoi raccontarci sulla scena musicale della tua città e come ti inserisci all’interno di essa?

      La scena musicale di Milano è molto ricca, penso a Mahmood, Vanoni, Elodie, ma anche Arisa, Mengoni, sono tutti artisti che incontro spesso in un ristorante di Porta Venezia (non dico il nome per privacy) e a volte mi fermo a parlarci.

      Beh considera che Milano, che per anni è stata bollata come “la grigia” come se fosse solo smog e palazzoni in realtà è la città con il più alto numero di poeti d’Italia e ha un substrato un po’ “underground”.

      Quindi forse un po’ di poesia ce l’ha.. pensa alla Merini. Poi comunque Milano è una città “nascosta” che si svela piano.

      Nella musica credo che Milano sia moto ispirational, ha energia, passione, talento, silenzio (di notte) ed è l’unica città internazionale d’Italia dove circolano certe idee. Come mi inserisco? Boh io so come sono inserito, ma lo lascio dire agli altri 😊

      Qual è l’elemento che non dovrebbe mai mancare in un pezzo firmato Pietro Gandetto?

      Il groove e l’emozione. Il groove è quella cosa che ti fa aprire a nuovi mondi, che ti genera nella mente immagini nuove, quella cosa che ti fa battere il piede a tempo. E l’emozione è la base della musica se non c’è quella non c’è niente. L’obiettivo è sempre divertirmi e far divertire.

      Quali saranno i prossimi step del tuo progetto?

      Il 14 dicembre uscirà il mio primo EP interamente scritto da me musica e testi e prodotto dal grande Antonio Condello (che ha prodotto anche Another Planet).

      È un po’ del mio mondo, è quello che vivo in questi anni, è un mondo che racconta Milano, il modo di vivere le relazioni nelle grandi città come questa. Ci sono temi come l’horbiting, il cambiamento climatico, la violenza sottile di chi sparisce, ma c’è anche ironia, quella che ti fa superare ogni cosa.

      C’è un modo di concepire la poesia molto urban se vuoi anche asciutto, un po’ francese. Non mi piace la retorica, quella cerco proprio di non metterla mai neanche in una frase. Se sento puzza di retorica stravolgo il testo.

      Credo che l’immagine di vita quotidiana sia molto importante nella canzone di oggi perché alla gente non gliene frega niente se stai male o se stai bene, la gente vuole emozionarsi e divertirsi immedesimandosi in suggestioni, immagini e scende di tutti i giorni.

      Come suoni l’influenza anni 80 c’è, ma c’è anche tutto un mondo evocativo che abbiamo cercato di cucire addosso a queste melodie.


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      Tags: Conza PressItalia RockPietro Gandetto
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