Dopo La casa dei matti, il singolo con cui aveva presentato sulle scene il suo progetto solista, Vincent torna con un brano incendiario già a partire dal titolo.
Molotov è un pezzo che strizza l’occhio al pop, ma mantenendo ben saldi alcuni punti cardine del mondo rock: “la chitarra deve essere presente ad ogni costo”, tiene a precisare l’artista bassanese.
È un brano che si configura come una riflessione sulla società contemporanea, e come una presa di coscienza ironica su quanto malleabili siano i pensieri delle persone, spesso più influenzati dalle ideologie che da spunti personali, da un lato all’altro dello specchio ideologico.

Buongiorno Vincent! Come mai Vincent e non Vincenzo, ovvero il tuo nome di battesimo?
In realtà il nome Vincent mi è stato dato dal mio professore di inglese alle superiori quando mi richiamava per una qualche negligenza scolastica. Ho cominciato a utilizzarlo come nome d’arte già da quando facevo il vocalist e poi sinceramente il nome Vincenzo Costa mi sembrava poco artistico.
Al momento hai pubblicato due brani a tuo nome. Come sono in rapporto queste due canzoni?
Sia La casa dei matti che Molotov trattano di un unico macroargomento, ovvero la manipolazione mentale da parte di costrutti societari… da non confondere con teorie complottistiche randomizzate. Ogni riflessione presente nei due brani è frutto di un ragionamento e tratta di come il pensiero e la psiche più profonda degli esseri umani venga plagiata, pilotata o repressa.
Di cosa parla Molotov, il tuo nuovo singolo?
Molotov tratta di una battaglia di schieramenti sempre più accesa tra l’eccesso del politicamente corretto e tutta quella cerchia di persone che tende a incolpare gli altri in base a colore della pelle, sessualità e altre caratteristiche personali.
Due lati della stessa medaglia, un estremismo di pensiero mal riposto e privo di raziocinio. Nel brano tengo a enfatizzare soprattutto la parte giudicatrice delle persone piene di paura le quali agiscono contro gli altri con violenza credendo che la colpa sia sempre altrui se le cose vanno male, generando ulteriore intolleranza verso altri esseri umani. Una catena infinita.
L’altro lato invece quando eccede tende a non lasciare libertà di espressione; sia chiaro, tengo a precisare che violenza e intolleranza sono sempre da condannare, ma quando si arriva a polemizzare su scene di cartoni animati di quasi un secolo fa mi pare un po’ eccessivo.
Molotov è proprio questa immensa guerra causata dall’incapacità di utilizzare il raziocinio tra persone piene di paura e mancanza di cultura
Il video di Molotov è strutturato come un videogioco a metà fra Call of Duty e una partita di softair. Ci dici qualcosa in più sul video e su cosa volevate rappresentare?
Il video di Molotov rappresenta tutti i concetti del brano in chiave videogame. Non me ne voglia male la ragazza che nel video funge da gamer, ma lei in quel contesto rappresenta proprio quell’entità fatta di una serie di emozioni che si possono sintetizzare in paura-rabbia-insoddisfazione-scarsa cultura-necessità di schierarsi.
Ho deciso di rappresentarlo sotto questa chiave per smorzare un po’ l’effetto violento che la canzone avrebbe potuto dare e soprattutto per far capire quanto siano queste emozioni a pilotarci.
Che persona è Vincent quando non suona? Cosa fai nel tempo libero?
Nella vita privata sono molto riservato, ma posso dire che amo fare sport, adoro il cinema e sono un discreto cuoco casalingo.
Se dovessi diventare famoso, come pensi che affronteresti la fama?
Sinceramente non penso alla fama per non “rovinare” il motivo per il quale faccio musica, ovvero “perché mi piace”. Comunque se accadrà sarà una conseguenza e non il motivo. Credo che non cambierebbe nulla a livello personale a parte togliermi qualche sfizio in più.
Hai qualche nuovo progetto in programma per il prossimo futuro?
Sì, da settembre ci saranno delle novità in ambito discografico, ma non voglio spoilerare nulla per ora: è un campo minato e bisogna sempre agire in incognito con modalità stealth; nel caso saranno i fatti a parlare per me.
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